Essere sempre di più se stessi
- Verso di Noi
- 7 mag 2022
- Tempo di lettura: 9 min

Giovedì 22 Ottobre 2020
In questo articolo vorrei parlare del viaggio più importante che abbia mai percorso, che sto ancora percorrendo e che probabilmente non finirà mai.
Ho sempre amato viaggiare, sin da bambina. Ricordo ancora di quando alle elementari pregavo i miei genitori di mandarmi in vacanza studio da sola in Inghilterra e, quando alla fine mi lasciarono andare in quinta elementare, mi sentivo così felice che per due settimane non chiamai casa per godermi a pieno l’esperienza di quell’avventura. Ho percorso molti altri viaggi e, soprattutto quelli degli ultimi anni, mi hanno cambiata moltissimo e profondamente. Ricordo i miei Cammini di Santiago e quello di Assisi, la mia esperienza nel campo profughi di Samos e il viaggio nella mia amata India. Ognuna di queste esperienze mi ha donato qualcosa che a parole non so neanche spiegare, ma qualcosa che mi ha arricchito profondamente.
Il viaggio di cui oggi vorrei parlare è però il mio preferito, il viaggio dentro di me che compio ogni giorno e ogni notte mentre dormo e sogno. È un viaggio che ho iniziato quando sono nata e probabilmente anche prima.
Ultimamente ho sentito dentro di me che l’esigenza di viaggiare per il mondo, che prima era quasi un bisogno per trovare una sorta di libertà, è svanita quasi completamente. Inizio a comprendere che il vero viaggio è quello di conoscenza di me stessa che posso compiere in qualsiasi posto, anche standomene da sola in casa mia.
Qualche anno fa ero appena tornata da una folle vacanza in Grecia con le mie amiche in cui praticamente non avevo dormito per una settimana, perché eravamo sempre in giro o in discoteca. Tornai a casa esaurita, come se quell’esperienza mi avesse consumato corpo e anima.
Ricordo che al mio ritorno mia madre mi chiese se volevo andare con lei ad un ritiro/corso di conoscenza di Sè in un posto sperduto tra le colline umbre. Ero talmente esausta dalla vacanza con le amiche che decisi di andare per riposarmi un po’.
Così mi ritrovai in mezzo ad un bosco in Umbria nell’Ashram dedicato a Mahavatar Babaji, che all’epoca non sapevo neanche chi fosse.
Passai una settimana con altre venti persone, tutti adulti e qualche bambino figlio di questi, in un corso in cui mi addentrai sempre meglio nella conoscenza di me stessa.
Ringrazio ancora ogni giorno per essere capitata per caso, anche se ora credo che il caso non esiste davvero, in quel posto, con quelle persone ad apprendere quelle antiche chiavi del Dharma per la profonda conoscenza di ciò che siamo davvero.
L’insegnante, se così può essere definita, si chiamava Carlotta e ora è una mia cara amica. Ciò che mi ha insegnato sono state le semplici chiavi per aprire la porta alla propria interiorità, le stesse chiavi che lei aveva imparato anni prima viaggiando incessantemente con i Lama Tibetani e con altre guide che incontrò sul suo cammino.
Grazie a quelle antiche pratiche iniziai a comprendere sempre di più e sempre meglio me stessa, vedendo che ogni pensiero che passa per la mente nasconde soltanto sofferenza e incomprensione. I tibetani chiamavano la nostra mente razionale la “mente scimmia”, poiché altro non è che una pazza scimmia che cerca di convincerci delle cose più disparate. Il danno che porta alla sofferenza non è quella scimmia impazzita, ma il fatto che noi siamo abituati a credere a ciò che dice. Ho imparato che tutte le voci della nostra mente che di definiscono o che definiscono gli altri, pensando ovviamente di avere ragione su noi stessi o sugli altri o sulle situazioni in generale, non sono altro che un gigantesco fraintendimento. Ho imparato che i pensieri non sono la realtà e che ciò che vediamo all’esterno di noi stessi è soltanto una proiezione di ciò che abbiamo dentro. Quindi è ovvio che se siamo accecati dai pensieri e se pensiamo tutto il giorno, fuori non vedremo nient’altro che la proiezione di questi pensieri, belli o brutti che siano.
Ma quando la mente invece inizia a tacere, o per lo meno a fare silenzio ogni tanto, cosa è che vediamo?
Questo è ciò che ho iniziato a vivere proprio quest’anno, dopo anni e anni di pratica spirituale e interiore. Attraverso un’osservazione neutra, che non tende né al positivo né al negativo, poiché anche i pensieri positivi sono un grandissimo imbroglio, forse il più grande poiché celano dietro di sé un enorme pensiero opposto negativo che si tende a non voler vedere, ho iniziato a cogliere l’illusorietà che sta dietro alla nostra mente razionale. Ho iniziato a sentire e vedere un’immensa sofferenza, ma allo stesso tempo una grande compassione per ogni mia vulnerabilità e anche per ogni mia sicurezza. Ho iniziato a mettere in discussione completamente me stessa, ogni cosa che voglio o non voglio per arrivare a scoprire che per essere davvero felici e liberi occorre soltanto fare una cosa: spogliarsi interamente di sé stessi, di ciò che si crede di essere, della nostra personalità bella o brutta che sia e di tutti i nostri pensieri su noi stessi, sugli altri, sul mondo e su ogni tipo di situazione. Una volta svelato questo meccanismo semplice e subdolo allo stesso tempo, ci si apre a qualcos’altro, ad una sorta di silenzio intelligente pieno di gioia, amore e compassione che circonda ogni cosa. È come se per la prima volta si potesse cogliere il fatto di essere una cosa sola con tutto il resto, come se non ci fosse più bisogno di niente, di nessuno e si potesse vivere senza alcuna paura o preoccupazione, nella consapevolezza e nella profonda accettazione che ogni cosa che pensiamo sia un limite, un problema, ogni cosa che sia bella o che sia brutta, ogni tipo di classificazione di giusto, sbagliato, bene, male non è altro che un pensiero che svanisce una volta lasciato cadere nell’abbraccio silenzioso del proprio cuore.
Lasciarsi vuoti è la chiave per aprire le porte a ciò che siamo veramente, non la nostra personalità, ma la parte più vera e profonda di noi stessi.
Quando riesco a cogliere questa parte di me stessa vivo intere giornate nella gioia più totale, una gioia che nasce da dentro di me e che non è legata ad un ottenimento o al raggiungimento di qualcosa, non è legata ad un entusiasmo o ad un desiderio che si realizza (poiché ho imparato che anche i desideri sono tutti giochi della mente razionale per mantenerci impegnati in qualcosa che tanto poi non ci darà mai una vera soddisfazione), ma è soltanto frutto di un lasciare andare ogni cosa che occupa la mia mente.
A volte lascio andare anche il pensiero di me stessa e quei momenti, che arrivano come una benedizione, sono la chiave per farmi vedere la vita con uno sguardo completamente diverso. In quei momenti sento il cuore che mi esplode e non voglio più niente. Non giudico e non classifico più, non mi sento brava e non mi sento sbagliata, non voglio più essere o diventare qualcuno, né fare qualcosa, ma semplicemente vivo e mi godo l’intensità di ogni momento presente.
In quei momenti non sento alcuna paura, né vedo alcun nemico e nemmeno sento il bisogno di proteggermi, di voler apparire, dimostrare o essere apprezzata da qualcuno. In quei momenti non sento il bisogno di realizzare nulla di particolare né di andare da nessuna parte. È semplicemente come se la vita mi guidasse da sé, senza dover pensare. In quei momenti mi sento felice e colma di energia, tanto che non sento alcuna stanchezza, proprio come ora che scrivo di notte.
In questi momenti mi accorgo che il viaggio più bello non può essere che questo, la vita stessa che mi insegna a lasciare ogni giudizio, ogni pensiero e a lasciarmi vuota, lasciando che sia la fiducia a guidare ogni mio passo. Non sempre riesco ad avere questo atteggiamento interiore, soprattutto se mi sento stanca, poco in forma o se vivo periodi frenetici in cui non ho tempo di fermarmi o incontro troppa gente.
Sento spesso il bisogno di stare da sola a contemplare attraverso la meditazione ciò che non comprendo della mia vita. Carlotta mi dice sempre che dovrei fare della mia vita una meditazione, cioè essere in silenzio con la mente anche quando incontro delle persone o faccio delle cose, ma spesso non le do retta e mi prendo qualche oretta da sola, nella sala di casa mia, per meditare.
In questi momenti di solitudine e introspezione ho quasi sempre modo di scoprire qualcosa che prima non vedevo così chiaramente. Qualche tempo fa anche il mio compagno e mio padre mi prendevano per matta a voler dedicare così tanto tempo della mia vita a queste pratiche, ma la verità è che, anche se spesso avrei potuto fare altro e intestardirmi meno, anche gli errori sono stati utili per andare sempre più in profondità nella conoscenza di me stessa.
Oggi ho avuto una giornata meravigliosa. Mi sono dedicata due orette al mattino per comprendere meglio alcune cose che mi bloccavano e mi facevano sentire anche stanca e un po’ infelice, per poi aprirmi sempre di più. Dopo di che non sono stata ferma un attimo. Ho dato lezione ad una ragazzina che conosco già da un po’ e mi sentivo che l’impegno che ci mettevo mi veniva naturale e sentivo che c’era proprio una sorta di gentilezza in quell’aiuto che le stavo dando, ma anche nell’ascolto che lei mi stava rivolgendo. Prima di iniziare la lezione mi ero messa a prendere un caffè con lei, sua mamma e suo fratello a tavola e mi sentivo talmente piena di gioia che mi veniva da essere allegra nel vedere i battibecchi tra lei e suo fratello, tanto che anche loro erano scoppiati a ridere.
Poi di corsa andai alla mia lezione di chitarra da un amico e mi sentivo così completamente immersa in ciò che stavo facendo che appena guardai l’orologio e mi sembrava passata mezz’ora, in realtà era già ora di scappare per un corso di yoga che avevo dall’altra parte della città.
È stata una giornata piena di impegni normali e quotidiani, tra i quali ho anche portato a spasso il mio cane, pulito il suo vomito da terra dato che non aveva digerito il cibo e ho lasciato che il mio moroso discutesse con me, perché lo avevo interrotto mentre stava guardando una partita di calcio in tv.
Insomma non ho vissuto grandi avventure oggi, né ho fatto cose particolari, ho semplicemente vissuto una normale giornata delle mie. Eppure oggi mi sembra di aver vissuto davvero e non cambierei questa normale giornata per nulla al mondo.
Non servono grandi cose, non servono viaggi, oggetti o grandi compagnie per sentirsi felici e liberi. Serve solamente avere fiducia nel silenzio del proprio cuore, lasciando andare ogni resistenza che ci impedisce di essere spontanei in ciò che viviamo ogni giorno. Non serve essere ricchi, né poveri per essere felici o tristi, non serve avere bei vestiti o fre quentare ambienti al top. Non serve nemmeno meditare tre ore come a volte faccio io quando sono confusa e nemmeno cercare una fonte di divertimento o l’ennesimo nuovo obbiettivo da raggiungere. Basta solo permettersi di essere sé stessi, ma non quel noi stessi che intendiamo con il pensiero, ma quel noi che ci fa sentire sempre a casa, sempre al sicuro, sempre nella fiducia che il momento in cui ci troviamo è quello perfetto per noi.
Con questa gioia poi compiere qualsiasi tipo di azione, dallo svolgere il proprio mestiere, a preparare il caffè al mattino.
Ricordo quando anni fa pensavo così tanto a come apparire, tanto che sprecavo un sacco di tempo ed energie a farmi bella e a prepararmi per uscire. Mi facevo addirittura fare le ciglia finte che erano così scomode da tenere che ancora oggi quando ci penso mi scappa un sorriso. Ricordo a quando pensavo che volevo avere successo in qualcosa o essere apprezzata dagli altri. Ancora oggi questi aspetti ritornano nella mia vita costantemente, accompagnati dai giudizi su me stessa e sugli altri, a obbiettivi che voglio realizzare a tutti i costi, al paragone che faccio tra me e gli altri e ai continui dubbi e insicurezze. La differenza tra ciò che accade oggi e ciò che accadeva anni fa è che quando questi pensieri tornano alla mente inizialmente un po’ mi dispero, poi mi scoraggio, poi mi siedo e spesso in pochi minuti è già svelato l’arcano, cioè quella mente scimmia che mi imbroglia sempre nelle stesse storie in cui ancora casco.
Non è un problema questo, può darsi che ancora per molto la mia mente ritorni sulle stesse faccende e può anche darsi che io ci caschi ancora altre mille volte. Ciò non è un problema, anzi è una grandissima opportunità per consolidare ancora meglio e ancora di più la fiducia nel mio cuore e non nel mio pensiero che cambia in continuazione.
Vedo nella mia vita la maggior parte delle persone che conosco o che incontro o che vedo sui social che portano una maschera felice, ma che in realtà nascondono sempre qualche mancanza, senza domandarsi davvero il perché, senza porsi alcuna domanda, ma con il desiderio convinto di voler essere felici, senza però fare niente per esserlo davvero.
La felicità è una scelta che facciamo verso noi stessi, ma anche verso il mondo che ci circonda, perché oggi c’è davvero bisogno di persone felici, di persone appassionate e coraggiose che si dedichino ad aprirsi a sé stesse e agli altri, abbracciando tutti gli aspetti che non vengono accolti.
Ognuno di noi può diventare una luce per gli altri e tutti insieme possiamo diventare una luce per il mondo, senza dover fare nulla di particolare, ma soltanto cambiando la prospettiva da cui guardiamo. Lasciamo cadere il pensiero che ci separa, che classifica, giudica e divide e iniziamo a guardare il mondo con gli occhi del cuore.
Questo invito sento di dedicarlo soprattutto ai miei coetanei, a quei giovani che hanno la possibilità di costruire un mondo diverso, più gentile e aperto, più morbido e meno rigido. Vi invito a prendere in mano la vostra vita e a procedere per tentativi, cadendo mille volte ma rialzandovi sempre con una forza sempre più grande. È un invito che rivolgo ai genitori che hanno dei bambini piccoli, che insegnino loro il valore della libertà interiore e non il valore delle istituzioni, dello stato, della politica e delle scuole, che non fanno altro che cercare di snaturarci. Accogliamo anche questi nel nostro cuore, ma senza assecondare quei modelli. È un invito che rivolgo a tutti quelli che sono stanchi di aspettare che qualcosa cambi, che sono stanchi di essere annoiati, incastrati nei doveri e nelle buone maniere, lasciatevi andare.
È un invito che rivolgo a quelli che già si sono attivati in questa direzione e a me stessa, che ogni evento della nostra vita ci accompagni sempre di più verso di noi, nella consapevolezza di essere insieme, di essere uno al di là di ogni illusione.
di Chiara Fantini
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